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Test dislessia: l’importanza di una diagnosi accurata

La diagnosi di dislessia avviene in due fasi, secondo le rigorose raccomandazioni della Consensus Conference.

Una Consensus Conference  è un incontro tra i maggiori esperti di varie discipline coinvolte in un settore, nel nostro caso i DSA, per stabilire i criteri migliori e più scientificamente fondati per la diagnosi ed il trattamento.

L’ Associazione Italiana Dislessia ha avuto il merito di promuovere una importante Consensus Conference,  oltre ad altri incontri tra specialisti.

Ciò è stato molto importante per raggiungere un accordo a livello nazionale sulle modalità migliori per effettuare una diagnosi di ottimo livello, che fornisca il maggior numero di informazioni sul caso specifico e poter intervenire al meglio.

Test dislessia di primo livello (diagnosi categoriale)

La prima fase della diagnosi di dislessia (e degli altri DSA) serve a verificare se il problema è presente, e di che tipo. Viene denominata diagnosi di primo livello o categoriale.

Per realizzarla è sufficiente somministrare la lettura di un brano di lunghezza e difficoltà standardizzate per età, misurando la velocità di lettura in sillabe al secondo e gli errori commessi.

 

Test dislessia di secondo livello (diagnosi funzionale)

La seconda fase serve per comprendere la gravità del problema e quali caratteristiche ha. Per questo viene detta diagnosi di II° livello o funzionale.

In questo livello non ci si accontenta della lettura di un brano, ma in aggiunta si usano anche liste di parole e non parole.

Vediamo meglio queste tre prove usate per la diagnosi di dislessia.

La lettura di un brano è la prova più generale, oserei dire “ecologica”, perché testa il “funzionamento” del bambino in questa abilità come avviene normalmente nei suo lavoro scolastico.

Però non ci dà informazioni dettagliate.

La lettura di liste di parole, invece, è una prova molto “ricca”, nel senso che in genere si utilizzano 4 liste:

  • parole frequenti e di oggetti concreti (casa,albero…);
  • vocaboli più rari ma sempre di oggetti concreti;
  • termini astratti, sia  frequenti che
  • non frequenti.

Ovviamente ci aspettiamo che la velocità di lettura rallenti negli ultimi casi, e quasi sempre è così.

Può essere interessante valutare di quanto peggiora la prestazione man mano che si passa alle liste più difficili.

Questo ci può indicare anche la ricchezza del vocabolario, o più precisamente del lessico, del bambino.  Per questa valutazione sono disponibili anche prove costruite ad hoc, che offrono una valutazione più precisa.

E’ interessante osservare il rallentamento nella prestazione che si produce utilizzando liste di non parole, cioè parole che non esistono. Spesso basta cambiare una lettera. Qualche esempio: tazio, buolo, dorta, bepro, e così via.

In questo caso noi testiamo la via fonologica, cioè l’efficienza di conversione da grafema a fonema senza avere l’aiuto della memoria lessicale. In altre parole il bambino non può riconoscere a colpo d’occhio parole che non ha mai letto, e deve impegnarsi maggiormente.

Noi adulti leggendo riconosciamo la maggior parte delle parole a colpo d’occhio. Perché le abbiamo lette infinite volte. Si è  detto che leggendo “tiriamo ad indovinare” e quasi sempre “ci prendiamo.”

Quando però leggiamo una parola scientifica che non conosciamo, facciamo come il bambino nella prova di non-parole, e la dobbiamo decodificare sillaba per sillaba.

Il clinico una volta effettuati i test dovrà raccogliere tutti i risultati ed aggiungere gli elementi emersi dall’anamnesi che possono rendere la diagnosi più precisa e personalizzata.

In altre parole anche i test migliori e più moderni da soli non forniscono una diagnosi precisa se i vari elementi emersi non sono correttamente interpretati dall’operatore.

Come accennato in precedenza bisogna sempre tener conto dell’ambiente linguistico, sociale e culturale nel quale vive il bambino. I casi limite sono quelli dei bambini provenienti da altri Paesi e con deprivazioni sociali e culturali.

Fondamentale poi tenere ben presente l’esistenza di altre problematiche sia psicopatologiche che di natura medica e neurologica, delle quali parleremo ancora.

Penso di aver fornito un’idea abbastanza precisa sulle modalità di diagnosi. Se avete domande risponderò molto volentieri.

Di Leopoldo Tacchini

Ho 55 anni e vivo a Firenze. Mi sono laureato all'Università di Bologna. Mi sono perfezionato in naturopatia, metodo Tomatis integrato, e successivamente in valutazione e trattamento DSA.

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